martedì 3 marzo 2015

La paura del giudizio blocca.

Scritto dalla Dott.ssa Annalisa Barbier

 

La FOBIA SOCIALE viene definita, nel Manuale Statistico e Diagnostico dei disturbi mentali (DSM-IV), come “una marcata e persistente paura di trovarsi in situazioni o di compiere delle prestazioni pubbliche, dove l’individuo può provare imbarazzo”.

L’elemento centrale nella diagnosi di questo disturbo è la presenza di una invalidante paura del giudizio negativo altrui per cui il soggetto, nel forte timore di esporsi a tale giudizio, evita le situazioni in cui deve svolgere un compito davanti ad altre persone. Questo timore tende a generalizzarsi con il tempo, arrivando a riguardare la maggior parte delle situazioni sociali.

 

I soggetti che soffrono di questo disturbo sono particolarmente preoccupati non soltanto di esporsi ad un giudizio negativo, ma anche di mostrare imbarazzo a causa di ciò, sviluppando l’ulteriore apprensione di essere giudicati ansiosi, deboli, strani o stupidi. Quando si trovano ad affrontare una situazione sociale perciò, queste persone hanno paura di mostrare comportamenti considerati inaccettabili, e conseguentemente temono che verranno rifiutati ed umiliati a causa di ciò.

 

I TIMORI PIU FREQUENTI     

Paura di mostrare imbarazzo

Paura di mangiare in pubblico

Paura di non riuscire ad articolare le parole

Paura di risultare sciocchi o inadeguati

Paura di mostrarsi deboli o ansiosi

Paura di dire sciocchezze

Paura di fare male qualcosa pubblicamente (davanti ad amici o colleghi)

…ecc…

 

IL MODELLO COGNITIVO DELLA FOBIA SOCIALE

La psicologia cognitivo comportamentale attribuisce una fondamentale importanza – sia nella nascita che nel mantenimento dei disturbi psicologici - sia al modo in cui vengono soggettivamente interpretati gli eventi che al ruolo dell’EVITAMENTO delle situazioni temute, che impedisce al soggetto di fornire chiare smentite a molte delle sue paure. I circoli viziosi infatti sono i responsabili del mantenimento del problema (figura 1). Nel caso  della fobia sociale, possiamo identificare tre elementi che ne costituiscono le caratteristiche:

1)       Il forte desiderio di dare una buona immagine di sé e di ricevere giudizio positivo dagli altri

2)      Una grande insicurezza circa le proprie capacità di riuscita

3)      L’evitamento (comune a molti disturbi dello spettro ansioso) delle situazioni considerate pericolose, che impedisce di smentire le proprie paure

 

Sono proprio questi elementi ad indurre il soggetto affetto a sentirsi particolarmente preoccupato e spaventato dal giudizio altrui. Quando i fobici sociali si trovano ad affrontare una situazione percepita come potenzialmente pericolosa (sulla base delle loro convinzioni), ad esempio mangiare o parlare in pubblico, hanno paura di compiere errori grossolani, di agire in maniera inadeguata, ridicola o inaccettabile, esponendosi al giudizio negativo e temendo, in ultima istanza, di essere rifiutati o umiliati. Il ruolo delleCONVINZIONI personali è fondamentale: in base a queste il soggetto fobico sociale tende ad interpretare gli eventi come pericolosi e ad attivarsi. Il fobico sociale ha una PERCEZIONE DISTORTA di sé, degli eventi e del giudizio degli altri (che viene sempre dato per scontato come negativo, derisorio e svalutante), e tende ad interpretare tutto nell’ambito di questa convinzione di fondo.

 

Queste paure non riguardano solamente il giudizio degli altri ma compromettono anche l’opinione e la percezione che il soggetto stesso ha di sé. La paura del giudizio negativo, attivando tutta una serie di timori relativi all’amabilità ed alla accettazione sociale, ed al valore intrinseco di sé, dà luogo una percezione di pericolo che a sua volta innesca i meccanismi cognitivi, emotivi e comportamentali dell’ansia.

 

I fobici sociali sono quindi estremamente concentrati a cogliere tutti quegli indicatori di minaccia al proprio valore: come vengono guardati, cosa potrebbero pensare gli altri, il modo in cui si muovono  o parlano, come reagiscono alle loro parole o azioni, ma soprattutto sono eccessivamente concentrati sulle loro risposte somatiche interne (se il cuore batte più forte, se compare mal di stomaco, se percepiscono un pur lieve tremore delle mani ecc…).

 

Questo progressivo aumento dell’attenzione selettiva verso elementi e dettagli marginali, rende sempre più difficile svolgere con efficacia la propria attività e riduce di molto la consapevolezza oggettiva: è come se il soggetto guardasse gli eventi e se stesso attraverso un cannocchiale, sviluppando una visione focalizzata e limitata della situazione generale.

 

Possono fare la loro comparsa sintomicome tachicardia, vertigini, senso di nausea, difficoltà respiratorie, tremori, blocco del pensiero (il soggetto “non riesce a pensare”), disturbi intestinali, rossore del volto ecc. La persona coinvolta sperimenta la sensazione di non poter padroneggiare la situazione, né se stesso nella situazione. Queste manifestazioni quindi rappresentano un’ulteriore minaccia al senso di sé e della propria efficacia: da una parte inducono l’escalation dell’ansia mentre dall’altra partecipano al mantenimento del problema (confermando indirettamente i timori del soggetto).

 

A complicare la situazione compaiono i cosiddetti  COMPORTAMENTI PROTETTIVI (Wells et al., 1995), e cioè tutti quei comportamenti che hanno la funzione di controbilanciare un timore: ad esempio, se si ha paura di far cadere una tazza la si comincia a tenere così saldamente da impedire i movimenti naturali (risultando quindi impacciati ed aumentando il senso di inadeguatezza), oppure per non sbagliare, si ripete mentalmente cosa si deve dire al punto da rendere difficile condurre una conversazione spontanea e fluida (confermando i propri timori di incapacità e inadeguatezza). Queste strategia non solo rischiano di rendere le situazioni davvero imbarazzanti, ma impediscono al soggetti di verificare le loro reali capacità poiché questi pensano che, se tutto è filato liscio, è stato solo grazie ai loro comportamenti protettivi.

 

Uno dei modelli maggiormente efficaci nell’esporre le origini di questo disturbo e le ragioni che lo mantengono attivo, è quello di Clark e Wells (1995; 1997).

 

Esso mostra cosa accade quando il soggetto fobico sociale si trova in una situazione pubblica: 1) la situazione ATTIVA LE CONVINZIONI relative al fallimento e alla propria incapacità E LE IMPLICAZIONI di eventuali sintomi somatici; 2) l’individuo quindi PERCEPISCE la situazione come UN PERICOLO; 3) si attivano le preoccupazioni anticipatorie su cosa potrà succedere ed i pensieri automatici negativi (PAN) relativi (es. se  mi tremano le mani la gente penserà che sono troppo fragile o malato; se sudo penseranno che non sono normale; e se divento ansioso? La gente crederà che sia malato; e se perdo il controllo? Non mi prenderanno sul serio. E così via). Tali PAN sono in grado di provocare una attivazione di tipo ansioso che a sua volta stimola nel soggetto considerazioni negative sullo scarso valore personale, fallimento e umiliazione.

Gli eventuali comportamenti protettivi messi in atto non faranno che contribuire al problema, poiché non solo ostacolano una verifica oggettiva delle proprie capacità, ma aumentano i sintomi temuti (sudare, impaccio motorio, blocco del pensiero ecc) e accentuano la focalizzazione solo su di sé, aumentando l’ansia e rendendo impossibile vedere cosa REALMENTE fanno o dicono gli altri nei nostri confronti.

 

La terapia Cognitivo comportamentale è uno degli standard sdi elezione per il  trattamento della fobia sociale: in grado di modificare stabilmente le convinzioni, le interpretazioni ed i comportamenti responsabili della nascita e del mantenimento del disturbo.


La Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC) origina dalla Terapia Cognitiva ideata da Aaron Beck negli Stati Uniti, verso la fine degli anni Sessanta; tale forma di terapia si basava sull’esistenza di una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti, responsabile del modo in cui ogni individuo interpreta gli eventi quotidiani e reagisce ad essi con il suo comportamento.

La TCC, come si evince anche dalla denominazione, si differenzia dalla Terapia Cognitiva poiché ricorre ANCHE all'uso di tecniche di derivazione comportamentista (cioè tecniche volte alla modificazione del comportamento), combinando insieme le due differenti forme di terapia.

 

Riassumendo, la TCC ricorre ai principi e agli interventi delle due tipologie di terapia dalle quali origina e che unisce in un approccio completo, razionale ed estremamente efficace.

 


LA TERAPIA COMPORTAMENTALE

È volta a modificare la relazione esistente tra una determinata situazione (definita situazione-stimolo) ed il comportamento che l’individuo presenta in risposta a tale situazione (comportamento-problema), che è responsabile del disagio psicologico riferito.

Lo scopo è quello di modificare la relazione esistente tra una situazione che crea difficoltà e la modalità automatica e abituale in cui l’individuo reagisce a tale condizione.

Ciò è reso possibile attraverso tecniche che insegnano alla persona ad apprendere nuovi modi di agire e nuove abilità, o che stimolano la graduale e volontaria esposizione alla situazione temuta (come accade nelle fobie e in generale nell’evitamento) e agli stati di disagio. Semplificando possiamo affermare che il razionale della terapia comportamentale è che: più ci si espone ad una situazione temuta e ci si rende capaci di tollerare il disagio, più si apprende ad avere fiducia nelle proprie capacità e ad affrontare in maniera costruttiva le difficoltà.

 

LA TERAPIA COGNITIVA

La Terapia Cognitiva è maggiormente concentrata sui pensieri che influenzano ed guidano le nostre azioni. Essa ci aiuta ad individuare tutti quei pensieri non salutari (disfunzionali e di carattere negativo) che inducono una valutazione inadeguata e scorretta di noi e della realtà (pensieri automatici, pensieri ricorrenti)

Tali pensieri costruiscono a loro volta degliSCHEMI RIGIDI di interpretazione degli eventi, stimolando le emozioni intense e spiacevoli (paura, ansia, tristezza) ed i comportamenti inadeguati che rappresentano il problema presentato dal paziente.

Conoscere tali pensieri disfunzionali può aiutarci a correggerli e ad integrarli con interpretazioni più “sane” e funzionali, migliorando il benessere psicologico della persona.

 

INDICAZIONI

La Terapia Cognitivo Comportamentale è indicata nel trattamento di diversi problemi psicologici:

 

  • Disturbi d’Ansia (attacchi di panico, fobie, fobia sociale, disturbo        ossessivo compulsivo, ansia generalizzata)
  • Depressione
  • Dipendenze
  • Disturbi alimentari
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi di natura psico-somatica (interessate dalla presenza di componenti emotivo-relazionali) quali dolore cronico, cefalee, disturbi gastro-intestinali e alcuni disturbi dermatologici
  • Gestione della rabbia e dell’impulsività
  • Problemi relazionali e di coppia
  • Gestione del cambiamento
  • Gestione dello stress

 

CARATTERISTICHE

La Terapia Cognitivo Comportamentale risponde alle seguenti caratteristiche:

  • SCIENTIFICAMENTE FONDATA

Alcune ricerche condotte sia a livello nazionale (Istituto Superiore della Sanità) che internazionale (Organizzazione Mondiale della Sanità) hanno dimostrato che la psicoterapia cognitiva ha un'efficacia maggiore o pari agli psicofarmaci nella cura di molte patologie psichiatriche: inoltre, se paragonata al solo uso dello psicofarmaco, la terapia cognitiva risulta essere più utile nella prevenzione delle ricadute. E’ riconosciuta dallAmerican Psychological Association(APA) come la più rappresentativa delle Psicoterapie Supportata Empiricamente oEvidence-Based Practice (Pratiche Basate sulle Evidenze).

  • OBIETTIVI DEFINITI

Lo psicologo cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente anche nello stabilire gli obiettivi  dell’intervento: dopo un iniziale serie di colloqui volti alla definizione dei bisogni e della domanda, il terapeuta stabilisce insieme al paziente gli obiettivi, le priorità, ed una approssimativa durata di terapia (obiettivi e durata possono variare in “corso d’opera”). Sono previste periodiche verifiche attraverso questionari o sessioni dedicate.

  • ENTRATA SUL PRESENTE

La TCC si concentra sul QUI ED ORA: è volta soprattutto a identificare e modificare gli elementi che nel presente provocano il disagio e la sofferenza e su quelli che contribuiscono al mantenimento di essa. Pur considerando anche il percorso di creazione ed evoluzione del sintomo, e dei pensieri e comportamenti disfunzionali.

  • COLLABORAZIONE TRA TERAPEUTA E PAZIENTE

La terapia  cognitivo-comportamentale prevede una stretta collaborazione tra paziente e terapeuta:

-  si discutono insieme gli obiettivi della terapia;

-  si raccolgono dal paziente le informazioni necessarie ed egli viene considerato unico “esperto di sé stesso”

-  il terapeuta dà indicazioni chiare e precise al paziente sulla natura del problema, sul tipo e la durata del trattamento, sulle tecniche che verranno usate in terapia, e gli fornirà gli strumenti necessari affinché il paziente si renda autonomo nell’ affrontare e nel gestire efficacemente disagio e sofferenza in futuro.

  • A BREVE TERMINE

La TCC tende ad essere a breve terminequando possibile. La sua durata varia tuttavia in base alla complessità, alla gravità del problema e alle caratteristiche del paziente: la durata di una terapia volta al trattamento di un sintomo di ansia sarà generalmente più breve rispetto a quella di un problema di personalità.


La psicoterapia cognitiva o psicoterapia cognitivo comportamentale (come viene anche denominata in seguito all’integrazione con tecniche di derivazione comportamentista), è un approccio terapeutico sviluppatosi attorno alla fine degli anni Sessanta negli Stati Uniti, grazie agli studi di Aaron T. Beck. Egli si accorse che i pazienti soffrivano a causa della presenza di una serie di convinzioni e pensieri disfunzionali, che fluivano costantemente insieme ad altri pensieri, e che erano responsabili delle emozioni spiacevoli o dolorose che essi provavano in determinate circostanze. Beck pensò quindi che, se il paziente avesse imparato a divenire consapevole di tali pensieri e delle convinzioni sulle quali essi si basavano, avrebbe potuto consciamente comprendere la ragione della propria sofferenza ed i motivi per i quali essa si manteneva nel tempo.

Egli elaborò quindi un nuovo paradigma di intervento terapeutico, che definìPSICOTERAPIA COGNITIVA, basato sulla consapevolizzazione delle emozioni spiacevoli e dei pensieri ad esse associati da parte del paziente. Egli infatti comprese che, insegnare al paziente a riconoscere le proprie emozioni spiacevoli ed i pensieri che le avevano indotte, li aiutava a mettere in discussione le convinzioni disfunzionali ed errate responsabili dei disagi emotivi e psicologici. Si trattava di un approccio terapeutico innovativo, che vedeva il paziente coinvolto in maniera consapevole nell’analisi e nella comprensione dei meccanismi che producono e perpetrano la sofferenza psicologica.

LE BASI TEORICHE DELLA PSICOTERAPIA COGNITIVA

Si tratta di un tipo di psicoterapia basato sulla considerazione che esiste una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti che vengono attuati e che i pensieri, e le convinzioni sulle quali essi si basano, sono responsabili del modo in cui ogni individuo interpreta gli eventi quotidiani e reagisce ad essi con il suo comportamento. Infatti, i nostri comportamenti dipendono dal modo in cui interpretiamo e percepiamo gli eventi e le persone intorno a noi.

Il seguente esempio spiega concretamente quanto ho scritto:  stiamo parlando con un nostro amico, e lui ci risponde in maniera sgarbata:

  1. Possiamo interpretare  tale comportamento come una grave mancanza di rispetto e viverlo come un’offesa. In tale caso  la nostra reazione sarà di rabbia e disappunto ed il nostro comportamento rifletterà tale interpretazione negativa.

  2. Oppure possiamo pensare che si tratti solamente di uno sfogo, legato ad un momento di malessere del nostro amico. In tale caso invece saremo propensi a perdonarlo e ad avere verso di lui un atteggiamento più comprensivo e tollerante.

 

Vediamo quindi che il modo in cuiINTERPRETIAMO gli eventi ed i comportamenti degli altri, influisce decisamente sul modo in cui ci sentiremo e reagiremo ad essi. L’essere umano ha bisogno di interpretare la realtà per poter organizzare l’enorme quantità di stimoli che deve elaborare quotidianamente; negli anni però, tali interpretazioni tendono a diventare automatiche e ad irrigidirsi in schemi che potrebbero non essere più adeguati, né funzionali al benessere della persona, rendendosi quindi responsabili di malesseri psicologici.

Lavorare sulla consapevolezza di tali pensieri, interpretazioni e schemi di comportamento disfunzionali aiuta il paziente a modificarli, e a sostituirli con interpretazioni più sane e funzionali al suo benessere.

 

Il modello cognitivo considera la presenza di tre livelli di convinzioni:

  1. Convinzioni profonde o schemi cognitivi: costituiscono le “fondamenta” cognitive, una sorta di struttura interpretativa di base che regola il modo in cui l’individuo rappresenta se stesso,  gli altri e le relazioni con gli altri, ed organizza il modo in cui egli valuta e dà significato agli eventi e al comportamento proprio ed altrui. Producono pensieri il cui contenuto è considerato una “verità assoluta”, ipergeneralizzati e particolarmente rigidi e resistenti alla messa in discussione. Un esempio è la convinzione di “non amabilità”: l’individuo che nutre questa profonda convinzione, tenderà ad interpretare il comportamento altrui e gli eventi, come prove ineluttabili del fatto che egli non merita amore né considerazione.

  2. Convinzioni intermedie: sono interpretazioni su noi stessi e sugli altri che ci permettono di prendere decisioni ed organizzare le nostre reazioni nella vita quotidiana. Sono espresse da opinioni (ad es. “è umiliante essere tradito”), regole (es. “DEVO essere sempre il più brillante in compagnia”) e assunzioni (es. “SE vinco la partita  ALLORA tutti i ameranno”). Sono più malleabili delle convinzioni profonde.

  3. Pensieri automatici: sono le manifestazioni interpretative più immediate ed accessibili alla consapevolezza conscia. Si tratta di immagini, frasi e parole (es. “non sarò mai all’altezza di fare la tal cosa”), che attraversano la mente di ognuno di noi continuamente, e rappresentano una sorta di “dialogo interno” che guida la percezione degli eventi ed il comportamento.


Secondo il paradigma cognitivo, le convinzioni profonde influenzano le convinzioni intermedie, che a loro volta producono i pensieri automatici: ad esempio lo schema cognitivo “non sono amabile” può indurre la convinzione intermedia “se il partner mi lascia significa che sono davvero indegno di amore”, e tale assunzione può portare al pensiero automatico “nessuno mi amerà mai”.

pensieri automatici negativi sono quei pensieri che attraversano la mente continuamente, in maniera del tutto automatica ed inconsapevole, e che influenzano le emozioni che proviamo ed il nostro comportamento. Vengono definiti “negativi” poiché esprimono considerazioni di natura disfunzionale e sono responsabili di emozioni spiacevoli (come paura, rabbia, tristezza o frustrazione ecc.)

Alla luce di quanto esposto, appare importante imparare a rendersi consapevoli dei propri pensieri automatici negativi, quelli cioè che sono responsabili di indurre le emozioni negative e quindi i sintomi ed il malessere psicologico. Tali pensieri sono di solito il riflesso superficiale di profonde convinzioni disfunzionali, basate cioè su una visione ed una considerazione parziale e distorta della realtà, che possono essere analizzate e modificate al fine di divenire maggiormente sane e funzionali al benessere psicologico.

Le distorsioni cognitive, rappresentano modalità di ragionamento che non seguono una logica corretta e basata sulla realtà, ma ne rappresentano una visione parziale e distorta. Sono molto frequenti nel nostro modo di ragionare, e spesso sono anche la causa di malessere e disagio psicologico, poiché ci portano ad interpretare gli eventi e ad agire in maniera disadattiva e disfunzionale.

SCARICA LA SCHEDA PER LAVORARE SUI PENSIERI AUTOMATICI:

http://www.psicoterapiapersona.it/app/download/7790045086/IL+METODO+ABC.pdf?t=1411315165

Spero gli articoli siano di vostro interesse... buona continuazione! Diventate Utenti Fissi di questo blog ;) grazie per la vostra attenzione! *LorySmile*

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